Per esaudire i desideri degli spettatori, alcuni produttori iniziano a realizzare film su più rulli di pellicola, nonostante l’obbligo stabilito dalla Motion Picture Patent Company – la più potente tra le società produttrici – di distribuire e quindi proiettare solo un rullo alla settimana.
I primi celebri esempi di questa iniziativa sono successivi al 1910: la Vitagraph vende The Life of Moses (La vita di Mosè) in cinque rulli separati; La caduta di Troia e Vanity fair (La fiera delle vanità) vengono girati nel 1911 in tre rulli; nel 1912 la lunghezza è analoga per La Reine Elizabeth (La Regina Elisabetta) e La dame aux camelias (La signora delle camelie).
Ben presto la tendenza al lungometraggio diventa inarrestabile, anche perché in Europa il sistema di distribuzione è molto più flessibile e consente un aumento del prezzo dei biglietti che fa gola anche ai produttori americani. Aumenta la compravendita di pellicole tra i due continenti e, in tempi relativamente rapidi, si arriva alla decisione comune di girare, produrre e distribuire anche i lavori più lunghi in un’unica soluzione.
Intorno al 1915, il processo evolutivo della settima arte si può ormai considerare concluso: l’era del cortometraggio è finita e con essa anche quella del nickelodeon, dimostrasi inevitabilmente inadatto alla proiezione dei film più lunghi.
Assieme alla nascita del lungometraggio, avviene così la nascita ufficiale del cinema, così come oggi tutti noi lo intendiamo.
8) IL COLORE DEL CINEMA
Anche se quando pensiamo agli esordi della settima arte siamo portati a pensarli in bianco e nero, in realtà la maggior parte delle pellicole prodotte più vecchie sono state colorate secondo la moda del tempo. Già all’epoca, infatti, i produttori sono convinti che l’uso del colore accentui il realismo dei film, fornisca informazioni importanti per il corso della narrazione e renda più comprensibile lo svolgimento dei fatti.
La compagnia che in questo senso si rivela davvero all’avanguardia è la Pathè che per prima introduce il sistema di colorazione definito a pennello (o a tampone). In seguito, diventano popolari anche la tecnica della cosiddetta imbibizione – che consiste nell’immergere la pellicola già sviluppata in una tinta che va a colorare i settori più chiari delle immagini girate, lasciando come sono quelle più scure – e quella del viraggio – che prevede invece l’immersione di una pellicola sviluppata in una soluzione chimica che ha il compito di saturare le zone scure delle immagini, lasciando quasi bianche quelle più chiare.
Un titolo che suggerisce in maniera lampante le innovazioni compiute è Jeptah’s Daughter (La figlia di Iefte) del 1909: in questo film è stata usata la tintura in una scena che narra il compiersi di un miracolo accanto ad un fuoco. Il colore rosso vivo serve per suggerire la luce delle fiamme, il blu scuro per dare l’idea della notte e il verde per colorare il paesaggio naturale. Al contrario, i colori seppia e porpora colorano le scene che si svolgono alla luce del giorno.
9) LE ORIGINI DEL CINEMA DI ANIMAZIONE
Tra le varie innovazioni di cui abbiamo trattato nei precedenti capitoli di questa rubrica, la nascita del cinema porta con sé anche l’avvento dell’animazione: abili disegnatori – di cui molti provenienti dal teatro di varietà – nel 1906 contribuiscono alla realizzazione di Humorous phases of funny faces, il primo lungometraggio animato prodotto dalla Vitagraph.
Si tratta fondamentalmente di disegni di volti che si trasformano con lo scorrere dei fotogrammi e viene seguito nello stesso anno da lavori simili ma sempre più elaborati, come i (realizzato con la tecnica del fotogramma singolo, anche detta frame by frame) in cui al fine di realizzare le animazioni i singoli oggetti vengono spostati in ogni singolo fotogramma.
Tra i pionieri di questo genere di animazione spiccano i nomi di Emile Cohl, l’autore del cartone animato Fantasmagorie, e di Windsor McCay, che nel giro di tre anni – dal 1911 al 1914 – realizza Little Nemo, The story of a mosquito e Gertie the dinosaur, utilizzando come sfondo i set abbozzati che alcuni assistenti tracciavano di volta in volta.
Il più celebre animatore di pupazzi dell’epoca rimane però Ladislav Starevicz, che inizia la sua carriera nel 1910 realizzando cortometraggi in cui alcuni insetti sembravano recitare. Quindi si specializza nel manovrare i pupazzi con dei giunti di metallo e realizza il suo capolavoro del 1912, La vendetta di un cineoperatore. Passa alla storia come il progenitore di un genere, il cinema d’animazione, che da quel momento in poi si fa sempre più presente nelle produzioni cinematografiche e traccia il cammino a staff di animatori e disegnatori che lavorano in team per creare produzioni sempre più sofisticate e complesse.
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