Si supera, così, un orientamento a dir poco granitico. Il procedimento preso in esame dalla Corte riguardava il divorzio del Ministro dell'Economia del Governo Monti, Vittorio Grilli. Già la Corte d'Appello di Milano, nel 2014, aveva valutato come l'ex Ministro aveva subito una notevole "contrazione" reddituale. Il precedente orientamento, lo ricordiamo, faceva leva sul fatto che la commisurazione dell'importo dell'assegno, in favore del coniuge più povero, si basava sul tenore di vita della coppia in costanza di matrimonio.
Da oggi, così parrebbe leggere, si determinerà sulla base all'indipendenza / autosufficienza economica del richiedente.
Come si definisce, ci si domanda, il termine autosufficienza? Ciò sulla base di particolari indici: il possesso di redditi, di un patrimonio, la capacità al lavoro e la disponibilità di una abitazione. L'assegno di mantenimento, che riveste natura assistenziale, non dovrà più essere quantificato in modo da garantire all'ex coniuge più debole il tenore di vita precedente. Da oggi, parrebbe, quindi, "contare di più" il reddito, sia esso attuale o potenziale che l'ex coniuge è capace di procurarsi. Tal orientamento inaugurato dalla Cassazione, del resto, si affianca a quello già accolto dalla Corte medesima, per la quale non basterebbe dimostrare una sorta di "debolezza" economica ma bisogna anche dimostrare di non essere in grado di mantenersi da sè: ad esempio non trovando una nuova occupazione lavorativa, qualsiasi ne sia la causa.
Come detto, in caso in cui il richiedente l'assegno sia indipendente economicamente o effettivamente in grado di esserlo, parrebbe non aver più diritto, da ora in avanti, all'assegno di mantenimento. Non varrà opporre, per altro, un semplice stato di disoccupazione se non si può fornir prova di non essere rimasti inerti e di non aver fatto tutto il possibile per reperire stabile occupazione.
La Corte, in sentenza, così si legge, fa riferimento al cd. principio della "autoresponsabilità" economica di ciascuno degli ex coniugi. Tale autoresponsabilità potrà essere desunta da redditi di qualsivoglia genere e specie. Verranno, ovviamente, in rilievo cespiti patrimoniali (mobiliari ed immobiliari), la disponibilità di una casa ove stabilire la propria residenza e, come detto, si valuterà ogni capacità e possibilità di lavoro.
Sicuramente, ci troviamo di fronte ad una svolta epocale con la quale la prima sezione civile della Cassazione, con la sentenza depositata il 10.5.17, ha mutato completamente orientamento, ritenendo non più attuale ed allineato agli attuali mutamenti economici – sociali, il riferimento storico al medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. I tempi, quindi, sono cambiati e, come si legge, occorre "superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva" dovendo quindi ritenere non configurabile un vero e proprio interesse giuridicamente rilevante (o protetto) dell'ex coniuge a mantenere / conservare il tenore di vita matrimoniale.