In seguito al grave evento, il colonnello Von Yourgens (aristocratico di una famiglia di origine tedesca, il cui cognome si trasformerà poi in De Yourgaince) viene inseguito dai bolscevichi e abbandona Mosca per raggiungere Marsiglia, a bordo di una nave che la Francia ha inviato ad Odessa per proteggere i profughi. A bordo di questa nave, sale anche la piccola Anna, la figlia di dieci anni del colonnello in disgrazia, ancora ignara del fatto che da adulta diverrà la madre di un grande tennista italiano. In quel momento, infatti, la bambina è solo intenta a capire – peraltro invano, come tutti gli altri a bordo – come mai improvvisamente l’imbarcazione abbia cambiato rotta di navigazione e stia puntando verso Tunisi invece che verso Marsiglia. Purtroppo, una risposta all’interrogativo è destinata a non arrivare, pertanto in breve la famiglia De Yourgaince si ritrova a doversi rimboccare le maniche e ad inventarsi una vita in Africa.
La giovane Anna inizia a studiare il francese, ad aiutare in casa e infine a lavorare come maschera in un cinema di Tunisi. È proprio lì che conoscerà il grande amore della sua vita, Giulio Pietrangeli, suo futuro marito e futuro padre di Nicola con ben altra storia alle spalle.
È sul finire dell’Ottocento, infatti, che l’umile manovale Michele Pietrangeli decide di lasciare Roma in cerca di un futuro migliore a Tunisi, all’epoca città vivace ed in espansione. Michele si ambienta bene, lavora sodo e conosce la pimpante Giuseppina, rampolla di una famiglia borghese partenopea emigrata in Africa. Il loro è un amore tenero ma forte, che riesce ad abbattere le rigide barriere sociali dell’epoca e a condurre i due giovani verso un felice matrimonio che darà loro 5 figli. Il più ribelle si chiama Gabriele, si trasferisce in Eritrea e, avvalendosi di un fisico aitante e molto atletico, diventa un campione di tennis; il secondo e valoroso Giulio, invece, si dedica con successo ad altri sport, come la pallanuoto, il calcio e l’automobilismo e non pensa al tennis fin quando nella sua vita non giunge la giovane Anna. È infatti solo per la bella russa che lo ha stregato e che teme per lui, se Giulio abbandona gli sport più pericolosi per ricalcare il percorso di suo fratello Gabriele e avvicinarsi a quello che prima considerava solo un gioco per donnicciole.
Giulio si innamora di Anna a prima vista e – per attirarne l’attenzione – va quotidianamente a trovarla. Il suo corteggiamento si basa su una tecnica particolare: acquista ogni volta tutto ciò che la ragazza vende, dalle bibite, ai dolciumi, agli snack, e ogni volta che lei corre a rifornirsi di vettovaglie lui ricompra tutto di nuovo. Le stesse scene si verificano anche nella farmacia dove Anna lavora in un secondo momento e dove Giulio, instancabile, si presenta puntualmente a far scorta di medicine.
Finalmente, dopo una notevole quantità di soldi spesi, la giovane russa cede al corteggiamento: i due ragazzi si fidanzano, si sposano e – l’undici settembre del 1933 – mettono al mondo il piccolo Nicola.
L’amore per il tennis è un’eredità paterna, che Nicola rivela sin dal precipitoso rientro a Roma, a causa della guerra. I primi tempi della vita italiana sono difficili: lui e i suoi genitori vivono in una pensioncina in Piazza di Spagna, suo padre lavora come becchino ma presto trova il modo di iscriversi al Circolo Tennistico Parioli, per riprendere a giocare e far iniziare suo figlio. Spesso Nicola viene accompagnato al circolo in Topolino da un altro socio, Carlo Palombelli, il padre di Barbara, e trova subito il modo di mettersi in mostra come giovane promessa: gioca talmente bene da indurre i dirigenti del Circolo a riammettere suo padre nell’elenco dei soci da cui era stato depennato per lo stato di difficoltà economica familiare. A quel tempo, però, i futuri successi sono ancora un sogno lontano e quella del tennista non è l'unica carriera che si profila per il giovanotto.
A sentirglielo raccontare oggi sembra assurdo, ma Nicola Pietrangeli da ragazzino gioca a pallone con i suoi amici nel bel mezzo di Piazza di Spagna. All’epoca, tutti lo chiamano Er Francia, perché – reduce dalle sue peripezie di esule – ancora non ha imparato granché dell’italiano. Ciò nonostante, inizia a farsi notare sia come tennista sia come calciatore.
Accade che un sabato pomeriggio si fermino ad osservare il gruppetto di ragazzini degli insoliti spettatori. Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezzar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik Gabetto, Mazzola, Ossola: il grande Torino – da quelle parti perché l’indomani deve affrontare la Roma – si ferma a guardare Pietrangeli e compagnia.
Impressionato da quella coincidenza, Pietrangeli si avvicina al mondo del calcio: facilmente, visto che i campi del Parioli confinano con quelli della Rondinella, dove si allenano le giovanili della Lazio.
Un giorno in cui Nicola si accorge di una selezione di nuove leve in corso, ci mette davvero un attimo a scavalcare il muretto divisorio, a mettersi in fila con tutti gli altri e ad avvicinare lo storico selezionatore biancoceleste Aurelio Picchio.
“Io sono un centravanti, sono forte…” cerca di spiegargli Pietrangeli, ma lui non lo ascolta.
“Poche storie e fammi vedere cosa sai fare.”
E Pietrangeli non se lo fa dire due volte: in pochi minuti segna quattro gol e firma un cartellino a vita con la Lazio. All’epoca funzionava così e a Pietrangeli piace immaginare che ancora oggi, dopo sessant’anni, il suo tesseramento esista ancora…
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