Primo effetto paradossale è la bigamia, consentita, di fatto, agli omosessuali. Ma il più grave discrimine è forse situato nel reato di omicidio del coniuge (pena base 21 – 24 anni / aggravante pena 24 – 30 anni se l'assassino è il coniuge). Ma il DDL Cirinnà non parla affatto di omicidio sicchè, sul patrner colpevole, non peserà alcuna aggravante. Passiamo al sequestro di persona: ugualmente, il P.M. non potrà congelare i beni del coniuge unito civilmente a fini di pagamento del riscatto.
Ma non solo: vengono esclusi alcuni casi di non punibilità: per la falsa testimonianza, o per chi compie favoreggiamento personale del prossimo congiunto o ancora la non punibilità di chi a favore di un prossimo congiunto commette reato di assistenza ai partecipi di associazioni per delinquere o con finalità di terrorismo o ancora la non punibilità del furto o della truffa ai danni del partner non legalmente separato. Il Professor Gian Luigi Gatta, in uno studio pubblicato in "Diritto Penale Contemporaneo", ha contato ben 29 effetti "indiretti e inconsapevoli" della novella. Si tratta, molto probabilmente, di effetti non particolarmente ponderati: del resto, il D.D.L. è privo di componente penalistica e si limita, di fatto, a un solo accenno. Nell'art. 1 comma 38 si prevede difatti che "I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall'ordinamento penitenziario". Le richieste di ammodernamento del codice penale, del resto, non sono insolite a farsi sentire. Un codice come il nostro vigente, risalente al 1930, risente inevitabilmente dei tempi che corrono e, solo recentemente, sono state introdotte disposizioni più specifiche che danno rilevanza alla mera convivenza more uxorio, ammodernamento sintomatico dei tempi (e della società) che cambiano.
Ma a sanare il deficit, chi interverrà?
Si potrebbero evidenziare due strade: la prima che è quella di rimaneggiare lo stesso D.D.L. Cirinnà. Ipotesi, forse, improbabile siccome parrebbe chiaro che l'obiettivo del D.D.L. era quello di una riforma epocale, anche per ragioni non prettamente giuridiche. La seconda via è quella dello strumento del Decreto Delegato di Coordinamento che il Governo sarà tenuto ad adottare, entro sei mesi dalla emanazione sulla legge delle unioni civili. Questo però non riguarderà la "posizione" delle convivenze delle coppie di fatto: possibilità esclusa, siccome non è prevista delega alcuna. Sarebbe, probabilmente, opportuno un invervento ad ampio raggio: il D.D.L. ci ha fornito l'occasione per rimodellare alcuni punti dell'originario codice penale, inerenti al diritto penale di famiglia, che potrebbero essere rivisitate. Dottrina sovente si è espressa nel senso di "ombre di incostituzionalità" per diversi punti del testo di legge. All'art. 3 della Carta Costituzionale, per altro, viene menzionata la pari dignità sociale di tutti i cittadini, specificando che sono uguali senza distinzioni di razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. E basta ricordare che solo per chi si unirà civilmente sarà previsto l'obbligo reciproco di assistenza morale, materiale e di coabitazione. Cosa che non è prevista per i conviventi di fatto. Alla luce delle brevissime considerazioni svolte sopra, parrebbe che si sia forse persa una occasione storica di riforma organica, sulla scia dell'emanazione del Cirinnà.