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libreria ingegneria

02 Feb 2017

Uso o abuso della tecnologia?

Scritto da

Smartphone e tablet fanno ormai parte del nostro quotidiano, senza il loro contributo tecnologico ci sentiremmo smarriti, incapaci di trovare soluzioni in breve tempo perché abituati ad averle dal web in nanosecondi senza spremerci minimamente le meningi o cercando le risposte in enciclopedie o libri.

L’immediatezza è essenziale. Qualsiasi cosa deve essere smart per essere presa in considerazione e questo metodo è uno degli obiettivi che si pone la tecnologia quando vengono creati prodotti così, e sempre più, all’avanguardia.

Il cellulare è diventato il nostro miglior amico, il confidente per eccellenza! Tramite esso ci interfacciamo con gli altri, lo usiamo come ‘scudo’ nella battaglia che è la vita quotidiana, principalmente caratterizzata da una realtà artefatta e basata sull’apparire, sull’assomigliare agli altri e non sull’essere autentici, unici.
Siamo così vincolati dal cellulare che lo trattiamo come l’oggetto a noi più prezioso tanto che “Gollum e il suo tesoro, ci fanno un baffo”! La batteria del cellulare è diventata per noi un’ossessione, deve essere sempre al di sopra del 50%, altrimenti è panico! Quindi la controlliamo ogni ora, assicurandoci di avere una power bank in borsa pronta all’uso. Siamo così accorti per queste cose che non ci rendiamo conto di come ne stiamo diventando schiavi.

Quando arriviamo nei locali non guardiamo il locale in sé, le persone presenti ma il tavolino strategico che abbia una presa elettrica vicina da poter così ricaricare la nostra ‘creatura’.
Le uscite di gruppo stanno diventando delle uscite di coppia: tu e il tuo smartphone assieme ad altre ‘coppie’ uguali a te. Zero dialogo. Alcun volte ce ne accorgiamo criticando gli altri quando lo fanno ma non ci rendiamo conto che anche noi siamo così. Chi di più e chi di meno, ma tutti.
Camminiamo come zombie, non ci guardiamo attorno ma registriamo la nostra posizione e se qualcuno ci contatta dicendo che era lì anche lui, ci rammarichiamo nel non averlo incontrato, magari ci siamo anche andati a sbattere contro ma avendo gli occhi fissi sullo schermo non ce ne siamo accorti.
Ci scusiamo addirittura della mancata occasione fissando ipotetici caffè che sappiamo tutti, a meno che non sia per caso, non prenderemo mai. Perché? Non c’è tempo. Ma per una partitina a candy crash, beh quello si trova sempre.

La comunicazione nelle chat è frenetica e interattiva (anche se l’italiano si è ormai suicidato da tempo), invece nella vita reale è misera, povera di collegamenti o addirittura priva di discorsi di senso compiuto.
Se ci sono da articolare due parole in pubblico il massimo che ti possa uscire dalla bocca è un breve ed apatico saluto e stop. Logicamente il tutto avviene in una frazione di secondo perché, soprattutto noi giovani, ci sentiamo tutti manager, dove ogni minuto è prezioso… Quindi il mini saluto è per noi “ok”, basta e avanza, in fin dei conti siamo stati educati con la persona incontrata e allo stesso tempo non ci siamo staccati dalla chat di whats app o dal postare frasi poetiche delle quali, pur non conoscendone l’autore, ci fanno sentire più ‘ganzi’ (in Toscana si dice così), cioè più “intellettual-fighi”.
Per non parlare poi delle fotografie dei piatti che ci vengono serviti nei ristoranti, durante gli aperitivi o alle feste, noi dobbiamo postare tutto! Nei social la nostra vita è aggiornata giorno per giorno anzi, minuto per minuto, per sentirci così più popolari, dei viveur che stanno sempre sul pezzo o che addirittura riescono ad anticipare le mode.

Le nostre foto profilo? Tutte diverse, tutte ritoccate e così perfette che neanche Mario Testino potrebbe fare meglio. Ma perché ci ostiniamo a falsare la realtà? Perché non ci andiamo bene per come siamo?
Questo è uno degli interrogativi più controversi che riguardano la società attuale ed a cui è difficile dare una risposta.
Se uno domandasse in giro quali siano le cose più importanti e che porterebbe sempre con sé, escludendo alcune risposte filosofiche, il telefonino o il tablet prima o poi saltano sempre fuori; fanno parte di noi, del nostro quotidiano.
Siamo tutti degli smartphone-addicted! Non conosciamo tutte le potenzialità del telefonino ma sappiamo benissimo usare filtri, contro filtri e postare a gogò nei vari social.

Bisognerà quindi ‘disintossicarci’ da questa dipendenza perché dobbiamo essere sempre più consapevoli e convinti che una parola scambiata vis-à-vis è migliore che leggerla nello schermo, che il piatto è meglio assaggiarlo caldo e non freddo e che se si dovesse spegnere il cellulare a causa della batteria scarica, beh non muore nessuno.
Le relazioni umane, quelle vere, senza l’utilizzo di apparecchi tecnologici, sono il vero ‘must have’ per avere un futuro migliore.

Ma scusate, quando non c’erano i telefonini, e-mail o videochiamate, come si faceva? Si scrivevano le meravigliose lettere. Sembrano passati secoli ed invece non è poi così lontana quell’epoca!
L’impegno nel non sporcare la carta pregiata, la cura nello scrivere affinché la scrittura potesse essere leggibile, la capacità di condensare tutti nostri pensieri e sentimenti in un foglio di carta, erano essenziali per poter far arrivare una parte di noi stessi al destinatario.
E dopo che avevi imbucato la famosa lettera cosa accadeva? Iniziavi a contare i giorni, immaginavi vari scenari di risposta e rimanevi in trepida attesa dell’arrivo del postino che ti dicesse, come avviene ora con Maria De Filippi: “C’è posta per te”.
Beh non voglio sembrare nostalgica del passato, o retrograda, ma, alcune volte, bisognerebbe riflettere su questo cambiamento radicale nella comunicazione con gli altri; siamo infatti passati dall’essere troppo metodici a superficiali. Siamo addirittura arrivati anche ad usare la comunicazione tecnologica in modo negativo e cattivo con atti di bullismo cibernetico.
Ma ci rendiamo conto della nostra regressione o no?!
I bambini adesso non chiedono più un gioco da tavolo, le bambole, le macchinine per giocare con il vicino di casa (Esiste un vicino di casa? Esistono altri bambini?) ma smartphone, tablet e giga di internet. Guai se un genitore non esaudisce in breve tempo le richieste del figlio, si potrebbe addirittura andare incontro a discussioni accalorate, tanto da prendere poi la nomea di ‘genitore più cattivo del mondo’, che non capisce le esigenze delle nuove generazioni.

Ma è tutta colpa dei bambini, diventati ormai dei ‘dittatori capricciosi’, o lo è anche degli adulti? Ovviamente è per la maggior parte colpa dei grandi che non hanno tempo da dedicare ai propri figli soprattutto a causa della frenesia della società attuale, di problematiche lavorative ed altro ancora o perché, anche loro, intenti a ‘distrarsi’ con il proprio cellulare. E’ più facile demandare a tutto quello che oggi offre la tecnologia per tenerli occupati e buoni piuttosto che parlare e stare insieme con loro facendo, magari, una bella passeggiata all’aria aperta. Non importa che il cervello dei loro figli si atrofizzi, che i loro occhi siano sovresposti alla luce dello schermo, che non dormano bene, … Tutto questo non è abbastanza rilevante da poter essere contemplato.
I giochi poi sono sempre più allettanti, più coinvolgenti e alienanti. Ti ipnotizzano, così tanto da non farti smettere ed arrivare a dire: “Finisco il livello e chiudo”, “Non posso smettere, è diventata una questione di principio, devo batterlo!”, “Scusa amore, ma se non faccio le tre partite giornaliere, scalo di posto nella classifica”.

Il vero problema è che non siamo più abituati alla normalità, dobbiamo avere stimoli continui, controlliamo i profili degli altri e se, magari, fanno qualcosa di divertente, non ne siamo felici ma invidiosi ed ecco che scatta nel nostro cervello la frase: “Ti stai rilassando, bravo. Sorridi e gongoli sottolineando il tuo stato di beatitudine!? Bravo! Allora sai che faccio?! Il like non te lo metto!”.
Quindi per mantenere il proprio status ed essere così alla pari degli altri e mai da meno, alcune persone si inventano vite parallele così da poter far vivere un personaggio simile a loro ma con usi e costumi che non lo rispecchiano in nessun modo ma che piacciono alla società. Parliamo così di depersonalizzazione, di de realizzazione e dissociazione dal mondo reale.
Siamo quindi affetti da Trance dissociativa videoterminale (Def. Dottor Caretti) e cioè da: dipendenza da internet, carenza del senso di identità o, addirittura, cambio della propria identità, onnipotenza, disturbi del sonno e del comportamento, perdita della concentrazione, difficoltà ad interagire con l’altro, …
Vengono messi in discussione vari ambiti da quello lavorativo, scolastico, familiare, sociale a quello della salute.
Quando sentiamo parlare di questa problematica mentale ci distacchiamo dicendo che siamo consapevoli della cosa ma che non siamo così coinvolti quanto altri che conosciamo.

Facciamo un piccolo test.

  • La mattina quando ti alzi controlli subito se ci sono: messaggi, mail e compleanni di amici?
  • Prima di addormentarti fai lo stesso?
  • Prima di chiudere gli occhi, la sera, spegni prima la luce o lo schermo del pc/cellulare?
  • Ogni quanto tempo controlli l’ora, sbloccando lo schermo dello smartphone? Ogni quaranta minuti?! Naaaaa ogni cinque, massimo, dieci minuti, fidati.
  • Vai nel panico o comunque ti senti a disagio se il tuo cellulare non ha la rete?
  • Se è scarico, idem?
  • Riesci a lasciare il tuo apparecchio in un’altra stanza? O preferisci controllarlo a distanza?

Beh potremmo andare avanti ad oltranza, tanto se avrete risposto sì a tutte o quasi le domande, qualche riflessione, fossi in voi, me la farei.
Prendetevi cinque minuti e realizzate che state esagerando, che la vostra vita e quella degli altri valgono molto di più di questo oggettino che suona ogni dieci secondi.
Che divertirsi con i propri figli è il miglior toccasana per la vostra salute e, soprattutto, per la loro e che farli ‘annoiare’ ogni tanto non può che stimolare la loro creatività.
Cerchiamo di tornare al buon uso della tecnologia perché essa è davvero preziosa ed il suo corretto utilizzo ci permetterà di avere grandi vantaggi!
Senza di essa non potremmo fare tante scoperte, non potremmo essere in contatto con il resto del mondo e non potremmo fare tantissime altre cose in così breve tempo.
Ma ricordiamoci sempre che noi siamo dotati di intelletto ed è una cosa che, per fortuna, almeno per adesso, non scarichiamo con una app.

Carlotta Potenti

Opinionista, aretina. Laureata in Ingegneria Gestionale presso il DIISM di Siena.

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