Ma, forse, troppo pesantemente è stata calcata la mano circa il fenomeno dei padri separati che non provvedono (o provvedono in parte) al mantenimento dei figli, come fissato dal Tribunale.
Con l'aumentare dei casi di separazioni e divorzi che coinvolgono, in maniera stranziante, i figli, è emerso uno schema comportamentale che ha, da sempre, scosso l'opinione pubblica. Già Gardner descriveva la c.d. "PAS" o meglio conosciuta come sindrome da alienazione parentale che, oggi, timidamente, fa il suo ingresso nei Tribunali italiani, declinando alcune delle numerose sfaccettature e manifestazioni di questo comportamento. Manifestazioni che si strutturano in una serie di manovre, spesso attuate con successo, da parte del genitore affidatario / collocatario, con lo scopo esclusivo di alienare e, quindi, escludere il genitore non affidatario. Ma c'è di più.
Nel 1995, I. D. Turkat descrisse la c.d. "Malicious Mother Syndrome" o c.d. "Sindrome della madre malevola". Nel momento in cui i coniugi interrompono i rapporti, anche tramite il Tribunale, vengono in essere meccanismi di competizione – a volte perversi - tra genitori, soprattutto per quanto concerne la custodia dei figli minorenni. Tali comportamenti, se malsani, comportano ulteriore disagio e conflittualità alle fasi di separazione e divorzio. Ciò sia per i coniugi che per i figli che, purtroppo, vengono utilizzati come vera e propria "merce di baratto". I.D. Turkat descrisse, individuandoli, i criteri diagnostici specifici al fine dell'individuazione della sindrome, specificando che essa abbraccia un modello di comportamento "standard" di vera e propria punizione dell'ex marito.
Tale sindrome, ad avviso di chi scrive, presenta diversi punti di contatto con la P.A.S., ben descritta già da Gardner, precisando, comunque, che nel caso della sindrome della madre malevola i comportamenti posti in essere sono particolarmente eclatanti e teatrali.
La sindrome della madre malevola parrebbe, quindi, essere una vera e propria anomalia nel comportamento del genitore che può comprendere diversi contegni tra cui (elencando in via esemplificativa) il tentativo di impedire le visite regolari tra genitore e figli, di impedire la partecipazione del genitore alla vita scolastica ed extrascolastica del minore o ancora intraprendere un contenzioso giudiziale eccessivo (ad esempio querelando, con continuità, l'ex coniuge) anche tramite accuse penetranti e, soprattutto, infondate.
Esempio classico, purtroppo, sono quelle (presunte) di violenze a carattere sessuale.
E' bene sottolineare che la sindrome può avere effetti devastanti sulla psiche dei figli tanto da provocare una serie di problematiche particolarmente gravi per un sano sviluppo.
Studi in merito al pregiudizio legato al sesso, nel sistema giudiziario, più o meno recenti che siano, dimostrano e concludono con l'opinione che vi sia, nei confronti degli uomini, una diffusa discriminazione, diventando questi ultimi, forse, in maniera inconsapevole, vere vittime del sistema giudiziale. Fungono, così, da "trampolino di lancio" per rafforzare il comportamento posto in essere da quelle donne che soffrono della sindrome della madre malevola. E' vero, tra l'altro, che nella maggioranza dei casi il genitore affidatario è e rimane sempre la donna, come se fosse l'unica depositaria delle virtù inerenti alla crescita dei figli.
Bisogna, comunque, osservare che, anche se pare che la psicologia si sia maggiormente orientata allo studio della donna affetta da tale sindrome, non significa che non vi sia affatto una sindrome del c.d. "padre malevolo". Anzi, la giurisprudenza, spesso, si occupa di eclatanti casi di violenza (sia psicologica che fisica, ed i fatti di cronaca ne sono triste esempio) nei confronti delle madri affidatarie, da parte dell'ex marito, non affidatario.
Eclatante è la sentenza del Tribunale di Roma, dott.ssa Anna Mauro, con cui veniva condannata una donna al risarcimento del danno per la lesione del c.d. "diritto alla genitorialità", lesione sofferta dal padre.
La sentenza riconosce, seppur timidamente, l'esistenza di un vero patimento che scaturisce dal venir privati dalla possibilità di "veder crescere" i propri figli (Tribunale di Roma, I sez. Civile, sentenza 3 settembre 2011). Si legge nella sentenza "E' da ritenersi la resistente che, con il suo ostinato, caparbio e reiterato comportamento, cosciente e volontario, è venuta meno al fondamentale dovere, morale e giuridico, di non ostacolare, ma anzi di favorire la partecipazione dell'altro genitore alla crescita ed alla vita affettiva del figlio causando all'attore, che con questo processo ne chiede il ristoro, un danno non patrimoniale da intendersi nella sua accezione più ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. Poiché, però, tale tipo di pregiudizio sfugge, per il suo stesso contenuto, ad una precisa valutazione, esso va congruamente determinato facendo uso di criteri di carattere equitativo, pur ancorati a parametri razionali, che possono essere in concreto individuati, nella fattispecie qui in esame, in base alla gravità dei fatti, alla lunga durata temporale degli stessi, ai rapporti tra le parti e alla loro personalità, età e condizione socio – culturale".
E' certo che i procedimenti di separazione e di divorzio possano, in qualche maniera, provocare reazioni che accelerano il percorso della sindrome che, oramai, deve essere considerata come un fenomeno sociale che coinvolge non solamente le famiglie ed i figli ma, altresì, gli operatori del diritto.
Breve bibliografia
www.psicologi-a-roma.com
Cannavicci, 2012 La sindrome della Madre Malevola e da Alienazione Parentale Cendon, P. (Ed.) (2011). Trattato dei nuovi danni. Vol. III. Lavis (TN): LEGO Turkat, I.D. (2002). Parental Alienation Syndrome. A Review of Critical Issues. Journal of the American Academy of Matrimonial Lawyers, 18, 131-176.