Certo, guardando alle statistiche, non si può dire che questo sport sia fra i più rischiosi; in fondo, le strutture di pronto soccorso sembrano in media molto più frequentate da chi gioca a calcio (o a calcetto) che dagli sciatori. Tuttavia, ciò non deve distogliere l’attenzione da un tema che merita qualche riflessione: quello degli specifici rischi e responsabilità legate allo sci.
Bisogna sottolineare prima di tutto che questo, da sport elitario, si è progressivamente trasformato in un fenomeno di massa. Ciò comporta che un numero relativamente elevato di praticanti, spesso inesperti, affolla oggi le piste e gli impianti. Talvolta poi, su un medesimo tracciato si praticano discipline diverse, aventi ciascuna caratteristiche tecniche poco compatibili l’una con l’altra. Per giunta, si assiste ad una crescente tendenza degli sciatori ad avventurarsi in percorsi fuoripista.
Lo stesso progresso tecnologico, che fornisce attrezzature e materiali sempre più sofisticati, consente un incremento di velocità sulle piste, che mette a dura prova i riflessi; e dunque, imprudenze ed errori possono comportare conseguenze traumatiche più facilmente che nel passato.
D’altra parte, il rischio nello sci dipende anche da un’adeguata dotazione e manutenzione degli impianti e delle piste. Le caratteristiche del tracciato, lo stato del manto nevoso, la dislocazione di ostacoli naturali e artificiali, l’esistenza di segnalazioni, l’affidabilità degli impianti di risalita, etc., sono fattori che possono risultare decisivi per il verificarsi o meno di incidenti e per l’entità dei danni che ne derivano.
E’ perciò naturale che i gestori degli impianti e delle piste siano chiamati sempre di più a ricoprire una posizione di garanzia a tutela della sicurezza e dell’incolumità dell’utente. Si comprende anche perché, con il progredire del fenomeno sciistico, tale posizione si sia decisamente rafforzata.
Se fino agli anni settanta il gestore era tenuto al più a segnalare le situazioni di rischio maggiormente insidiose, in seguito gli obblighi a suo carico sono aumentati, per opera sia di un indirizzo giurisprudenziale più sensibile alle istanze degli utenti, che di interventi legislativi regionali, nonché per mano del legislatore nazionale con la l. 363/2003.
Tuttavia, non si deve pensare che il gestore possa essere ritenuto responsabile per qualsiasi incidente subìto dagli utenti. Infatti, l’attività sciistica comporta sempre un ineliminabile margine di rischio accettato dallo sciatore, come avviene del resto in ogni sport, ed è evidente che ogni praticante è comunque tenuto ad un comportamento prudente e diligente; ogni volta che l’incidente sia causalmente legato alla colpa, esclusiva o concorrente, dello sciatore, la responsabilità del gestore dovrà essere esclusa o almeno diminuita.
Questo criterio appare del tutto ragionevole. Ma come si fa nelle circostanze concrete a stabilire dove la responsabilità del gestore si ferma, e dove inizia quello dello sciatore? La risposta non è semplice, tanto che negli ultimi decenni si è assistito a un progressivo aumento del contenzioso relativo a tali questioni.
Alcune indicazioni utili arrivano dalla giurisprudenza e dalla dottrina, nonché dalla legge nazionale (art. 7), le quali fanno una distinzione tra pericoli tipici e atipici. I pericoli tipici sono quelli normalmente connessi alle ineliminabili difficoltà e insidie naturali presenti sui percorsi sciistici, e restano dunque a carico dello sciatore. Rientrano invece nella sfera degli obblighi di controllo del gestore quelli atipici, ossia le situazioni di pericolo superiori a quelle normali che l’utente si aspetta di trovare.
Tra i tanti, costituiscono pericoli tipici la presenza di zone alberate ai fianchi del tracciato, la mutevolezza del pendio o la presenza di tratti nevosi di diversa consistenza. Diversamente, rappresentano pericoli atipici i manufatti (piloni, cannoni sparaneve, idranti, etc…) collocati sulle piste o pochi metri fuori dai margini delle stesse, le buche non protette né segnalate, i crepacci (in assenza di una recinzione ai lati della pista), i gatti delle nevi circolanti durante l’orario di apertura degli impianti, le frane e i precipizi anormali, etc.
E’ pur vero che in molti casi è arduo stabilire chi abbia il compito di prevenire un determinato pericolo. E’ chiaro che ogni valutazione deve essere rapportata alle circostanze del caso specifico, guardando al comportamento individuale alla luce di tutti gli elementi importanti, quali lo stato dei luoghi, le condizioni di visibilità, le abilità tecniche dello sciatore, la regolarità delle attività di manutenzione, etc. Per fare un esempio, è stata rigettata la domanda risarcitoria di uno sciatore nei confronti del gestore per l'infortunio subìto a causa dell'urto contro una tavoletta di legno coperta dal manto nevoso; è stato infatti accertato che la tavoletta si trovava in un’area di sosta degli sciatori in prossimità dell’ingresso alla funivia, e che l’incidente, quindi, era da ascriversi esclusivamente all’eccessiva velocità tenuta dal danneggiato, del tutto inadeguata alle caratteristiche del luogo (Tribunale Trento, 18 gennaio 2001, n. 34).
Tra l’altro, la responsabilità del gestore si arresta anche di fronte ai comportamenti scorretti o imprudenti degli altri utenti che utilizzano la stessa pista; infatti, il gestore non è tenuto di norma a vigilare sulla condotta dei singoli utenti (Cass. Civ., 22 ottobre 2014, n. 22344). In ogni caso, poi, il gestore non è responsabile per gli incidenti che si verificano nei percorsi fuoripista serviti dagli impianti medesimi. (art. 17, l. 363/2003) Queste brevi considerazioni sono sufficienti a dare un’idea di quanto il tema sia articolato. Prima di concludere, si reputa però opportuno qualche cenno sulle possibili alternative a disposizione dello sciatore che intenda agire in giudizio nei confronti del gestore per chiedere il risarcimento dei danni subìti.
A tale proposito, la legge nazionale non precisa se la responsabilità del gestore sia contrattuale o extracontrattuale, limitandosi a prevedere che questi è civilmente responsabile della regolarità e della sicurezza dell’esercizio delle piste (art. 4); spetta quindi all’interprete decidere quale strada seguire. La dottrina e la giurisprudenza hanno così elaborato diverse soluzioni.
Se per i danni subìti in fase di risalita normalmente si invocano le norme in tema di trasporto di persone, applicando al gestore la presunzione di responsabilità posta a carico del vettore ex art. 1681 c.c., per i danni verificatisi in fase di discesa la situazione si fa più complessa. Il ricorso allo schema extracontrattuale generale di cui all’art. 2043 c.c., ha determinato troppo spesso il rigetto delle richieste risarcitorie avanzate dagli sciatori, chiamati a soddisfare un onere probatorio piuttosto gravoso. Pertanto, sempre più di frequente si applicano criteri diversi di imputazione che, alleggerendo tale onere, avvantaggiano il danneggiato: in particolare, ci si riferisce alla responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. (Cass. civ., 18 gennaio 2006, n. 832) e a quella per l’esercizio di attività pericolose ex art. 2050 c.c. (Cass. Civ. 26 aprile 2004, n. 7916). Un’alternativa, poi, è rappresentata dal ricorso alla disciplina della responsabilità contrattuale, attraverso la riconduzione del rapporto tra gestore e sciatore a un contratto atipico denominato contratto di ski-pass (Cass. Civ., 6 febbraio 2007, n. 2563).
Si entra a questo punto in questioni piuttosto tecniche che non è possibile trattare qui. Per un approfondimento sulle diverse soluzioni ipotizzabili e sui risvolti processuali che vi sono sottesi, non resta che rimandare il lettore al recente volume “Gestione di aree sciabili e responsabilità civile” di Eleonora Jacovitti, edito da Maggioli, e alle numerose citazioni bibliografiche in esso riportate.
Fonti: