Si tratta di un fenomeno, non solo italiano, che si manifesta sotto due profili, ovverosia, da un lato, in relazione alla struttura del processo e, dall'altro, attraverso la riorganizzazione efficiente delle risorse dedicate alla macchina giudiziaria.
Con riferimento al primo aspetto, diversi studi comparati mostrano una prevalente linea di tendenza nelle ultime riforme del processo civile verso una semplificazione dei riti, un marcato ritorno all'oralità, la concentrazione del processo attorno ad un'unica udienza e la prevenzione delle impugnazioni.
Nel particolare contesto italiano, si è inoltre ricorsi ad una estesa applicazione dell'art. 96 c.p.c. per sanzionare condotte dilatorie ed intenti temerari parallelamente ai goffi tentativi di restringere i margini della c.d. Legge Pinto sulla risarcibilità dell'irragionevole durata dei processi.
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Quel che emerge da queste prime linee di tendenza è una affermazione più vigorosa delle ragioni della finanza pubblica come "contro-interesse" rispetto a quelli delle parti processuali secondo una logica "del bastone e della carota" volta a rieducare i cittadini italiani (ed i loro avvocati) ad un approccio più parsimonioso verso il servizio giustizia.
A ben vedere, però, lo strumento che, più di tutti, ha entusiasmato i ministeri di giustizia europei è rappresentato senza dubbio dalla introduzione della mediazione obbligatoria e degli altri strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie. Infatti, dopo il deludente tentativo di razionalizzare massicciamente le risorse della giustizia attraverso la chiusura di un gran numero di uffici giudiziari, la strategia di efficientamento dell'amministrazione della giustizia si è concentrata nel dare attuazione alla Direttiva europea 2008/52/CE che ha imposto l'obbligo di implementare la mediazione nei vari ordinamenti dell'Unione.
Tuttavia, se tale strumento si era rivelato particolarmente efficace a ridurre la mole del contenzioso olandese, lo stesso non si può dire (quanto meno in una prima fase) con riferimento all'Italia anche perchè la riforma non è stata accompagnata da un robusto sistema di incentivi. Così, la giustizia italiana ha continuato a languire tra l'irragionevole durata dei processi, le cospicue parcelle degli avvocati e contributi unificati in costante aumento.
Con riferimento al secondo aspetto, ovverosia la riorganizzazione delle risorse, al di là del sopravvalutato assorbimento del personale proveniente dalle ex province e dell'utile contributo dei tirocinanti, i governi italiani che si sono succeduti negli ultimi 15 anni hanno ritenuto di concentrare gli investimenti nell'implementazione del c.d. Processo Telematico. Si tratta di niente altro che della digitalizzazione della procedura per tramite di una piattaforma online comune attraverso cui depositare e ricevere memorie o qualsiasi altra comunicazione processuale. In conseguenza di questa scelta, tutto il codice di rito ha dovuto conformarsi, in buona parte per via interpretativa, alla complessità del mondo informatico conducendo forzatamente la classe forense e la magistratura in una nuova era di alfabetizzazione digitale. Notifiche via PEC, firme digitali, Carta Nazionale dei Servizi, smart card, fatture elettroniche emergono come nuovi connotati del processo. Ed ancora Sister, Federa, Telemaco diventano i nuovi imprescindibili strumenti attraverso i quali anche la ricerca delle prove avviene online.
Ma se quest'onda di progresso tecnologico della giustizia sembra un processo inevitabile, non deve essere dimenticato che permane ancora un rilevante gap da colmare nelle infrastrutture digitali di questo paese. Al di là dei livelli di istruzione informatica della popolazione, infatti, la costruzione di una solida ed omogenea rete a banda larga, l'abbattimento dei costi dei servizi offerti dagli ISP e dalle compagnie telefoniche, l'estensione della rete mobile e l'accesso alla banda ultra-larga restano ancora obiettivi in là da raggiungere che rendono l'implementazione del processo telematico più difficile di quanto dovrebbe essere. Peraltro, lo strumento informatico nelle mani di un analfabeta digitale rischia inevitabilmente di generare più sprechi ed inefficienze di quanto si proponesse di risolvere. Lo si riscontra non di rado in vari ambiti della pubblica amministrazione, dall'anagrafe al catasto, dal Servizio Sanitario alle motorizzazioni civili, dall'agenzia delle entrate ai tribunali.
In questo stato di disorientamento, le varie categorie professionali non hanno tardato ad organizzarsi per trovare soluzioni, metodi e prassi da condividere. Così, sono nati organismi quali gli Osservatori sulla Giustizia Civile destinati a costituire sedi di dialogo e confronto per l'elaborazione di nuove regole al fine di non lasciare la giustizia nel dominio dell'arbitrio. Con il benestare silente del legislatore, la procedura da osservare nei tribunali si è evoluta ed arricchita dei contributi ponderati offerti dai diretti interessati. Giudici, avvocati, e personale amministrativo hanno così condotto verso una Giustizia 2.0 ove le regole del processo vengono plasmate da e nell'interesse di tutti gli operatori giuridici. In questi ambiti il legislatore sembra sempre più relegato ad una funzione di indirizzo e di successiva ratifica.
Si tratta di una trasformazione del processo giudiziario ancora in corso e che non consente di prevederne gli esiti. Tuttavia, appare chiaro che la soddisfazione delle aspettative dipenderà in buona parte dalla stabilizzazione delle riforme del legislatore e dal corretto bilanciamento tra risorse umane, infrastrutture tecnologiche e formazione digitale. Le ultime dichiarazioni del Ministro Orlando sembrano andare in questa direzione nella misura in cui, a fronte della conferma di nuovi investimenti nelle infrastrutture tecnologiche, è stata evocata la necessità di nuovi concorsi per evitare che troppa parte del contenzioso sia scaricato sulle spalle della magistratura onoraria.
La consapevolezza del cambiamento è la prima ragione di speranza che anche l'Italia, un giorno, riuscirà ad avere un sistema giudiziario dignitoso per tutti i suoi cittadini.