L’impatto della guerra commerciale USA-Cina e della Brexit, il ciclo macroeconomico e le prospettive di utili sono sottoposti al vaglio degli analisti, che ne valutano gli effetti sui mercati. Questi sono tutti argomenti estremamente importanti su cui gli investitori devono formarsi un’opinione.
Tuttavia, in questa rubrica vorrei offrire un punto di vista diverso guardando al 2019 da una prospettiva di sostenibilità. Vediamo molte tendenze di sostenibilità che sono rilevanti per gli investitori... In questa sede ho scelto di concentrarmi su tre di tali tendenze.
Il cambiamento climatico rimane in cima alla lista
Il cambiamento climatico è un argomento importante per molti comparti produttivi. I combustibili fossili e i settori ad alta intensità di energia rappresentano ancora oggi circa il 70% delle emissioni di gas serra. Pertanto, le imprese dei settori con il più alto tasso di emissioni, come le compagnie di petrolio e gas, le utility elettriche e le aziende chimiche, sono attori chiave nella transizione energetica. Anche il settore automobilistico e quello immobiliare (le costruzioni rappresentano il 30% del consumo energetico mondiale) sono notevolmente interessati da questo sviluppo. Di recente sono state pubblicate numerose relazioni che evidenziano la necessità di un intervento in questo campo da parte delle autorità di regolamentazione e del settore privato. Ci si aspetta un inasprimento della regolamentazione, con il quale le aziende dovranno fare i conti.
Nel nostro processo d’investimento noi teniamo conto dei rischi e delle opportunità associati alla regolamentazione e agli sviluppi sul fronte del cambiamento climatico, e ci impegniamo strutturalmente con le aziende dei settori più inquinanti in cui investiamo per richiedere un cambiamento.
Come parte del più grande collaborative engagement realizzato tra investitori – il Climate Action 100 – esprimiamo chiaramente ciò che vogliamo. Ci aspettiamo che le imprese adottino un solido quadro di governance che articoli esplicitamente le responsabilità del consiglio di amministrazione e il suo ruolo di supervisione dei rischi e delle opportunità legati ai cambiamenti climatici. Chiediamo inoltre alle aziende di integrare i rischi climatici nel loro regolare quadro di gestione dei rischi al fine di identificare, valutare e gestire i rischi di transizione e i rischi fisici.
Inoltre, ci aspettiamo che le imprese adottino misure e prendano iniziative per ridurre le emissioni di gas serra. Questo comprende investimenti in tecnologie pulite e obiettivi di riduzione delle emissioni. Infine, chiediamo loro di mettere in pratica le raccomandazioni della Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) nei loro principali documenti finanziari annuali.
Le informazioni provenienti dai numerosi e lunghi programmi di engagement che abbiamo attuato con le aziende nei settori ad alta intensità di CO2 vengono integrate con la ricerca sulla sostenibilità condotta da RobecoSAM e incorporate nelle nostre decisioni di investimento. Valutiamo la rilevanza dei temi ESG per il settore e i risultati delle imprese in questi ambiti. Questo incide a sua volta sulla valutazione e/o sul nostro giudizio fondamentale delle società e degli emittenti. I grafici che seguono mostrano un esempio dell’impatto in termini di rilevanza e valutazione in uno dei settori più esposti al cambiamento climatico, quello delle utility. Ci aspettiamo che questo effetto si amplifichi nei prossimi anni.
La transizione verso un’economia circolare: il valore dei rifiuti
Constatiamo che il progresso economico realizzato in passato abbia un prezzo che attualmente non è visibile nei prospetti di conto economico e stato patrimoniale delle società; questo prezzo sono i costi esterni.
A fronte di una popolazione mondiale sempre più numerosa e del progressivo miglioramento del tenore di vista, il vecchio modello della nostra economia lineare, basata sul consumo e sullo smaltimento dei rifiuti, non è più sostenibile. Nei prossimi decenni si prevede una crescita sostenuta, e probabilmente sottostimata, dell’utilizzo di energia, acciaio, prodotti cerealicoli e risorse idriche. L’interrogativo che si pone è se tutto ciò sia fattibile.
Una cosa è certa, tuttavia: le pressioni sull’ambiente aumenteranno ulteriormente. Agli attuali tassi di urbanizzazione e di crescita demografica, si stima che la produzione globale di rifiuti salirà a 2,2 miliardi di tonnellate all’anno entro il 2025, il che si traduce in 1,42 kg di rifiuti pro capite al giorno.
Serve dunque un cambiamento di mentalità: una transizione da un’economia lineare a una circolare, che tenga conto dell’analisi del ciclo di vita dei prodotti in fase di progettazione. L’integrazione di principi di circolarità nelle operazioni permette di ridurre il consumo di risorse, di migliorare l’efficienza e di abbattere il costo complessivo della gestione dei rifiuti, con ricadute positive sui profitti.
L'importanza di questo tema trova riflesso anche negli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sustainable Development Goals, SDG), che sono discussi più avanti. L’SDG 12 riguarda il consumo e la produzione responsabile, e il punto 12.5, in particolare, la riduzione sostanziale della produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclo e il riutilizzo.
Nello specifico, un problema di importanza sempre maggiore è rappresentato dalla plastica monouso; lo dimostra il numero crescente di proposte su questo tema avanzate dagli azionisti, come quella presentata dagli azionisti di McDonald’s nel 2018 per eliminare le cannucce di plastica. Siamo consapevoli di questo rischio, ed è per questo che abbiamo aderito alla Plastic Solutions Investor Alliance. La riduzione dei rifiuti in plastica, per quanto importante, a volte ha un legame meno diretto con i risultati finanziari.
Eppure, diverse aziende del settore alimentare stanno già prendendo iniziative in questo campo. Riconoscendo i problemi della plastica monouso, Coca Cola ha lanciato la strategia “World Without Waste in 2030” (Mondo senza rifiuti nel 2030). Tuttavia, i rifiuti di plastica non sono solo un rischio per le aziende: l’innovazione e l’ideazione di soluzioni alternative alla plastica possono essere fonte di opportunità. Tetra Pak, ad esempio, è impegnata nello sviluppo di cannucce di carta di alta qualità.
Un ostacolo all’applicazione su grande scala di questo tipo di soluzioni innovative viene da problemi di tipo tecnico. Le nuove bioplastiche e altri materiali sono ancora relativamente costosi rispetto agli imballaggi tradizionali. Pertanto, le imprese non sono ancora incentivate ad affrontare questo problema dalla possibilità di ottenere un impatto diretto sui profitti attraverso possibili risparmi di costo.
Perché allora molte aziende stanno adottando misure per ridurre il consumo di plastica? E perché noi, in quanto investitori, attribuiamo importanza a questo argomento? Tutto ciò ha che fare con l’immagine e il valore del brand. Le grandi imprese del settore alimentare vedono rischi per la reputazione del loro marchio nel lungo periodo. I rifiuti in plastica sono già un problema enorme, che potrà solo peggiorare se non viene affrontato. Verrà il momento in cui le aziende saranno ritenute responsabili di tutto questo e saranno introdotte norme più rigorose e/o i consumatori cambieranno comportamento. Questi costi esterni diventeranno allora costi interni per le imprese o per gli investitori, andando a incidere negativamente sul valore del marchio.
Gli SDG: una nuova direzione nell’investimento sostenibile
Gli obiettivi di sviluppo sostenibile, lanciati alla fine del 2015, hanno avuto da allora un impatto significativo. In questi anni molti investitori e asset manager hanno valutato i loro portafogli d’investimento e le loro strategie di engagement alla luce di tali obiettivi, pubblicando i risultati ottenuti.
Una recente ricerca dell’Associazione olandese degli investitori per lo sviluppo sostenibile (VBDO) ha riscontrato che nel mercato pensionistico olandese – generalmente considerato leader in questo settore – oltre l’80% dei fondi ha discusso gli SDG nelle riunioni dei rispettivi consigli di amministrazione, mentre il 34% ha già adottato una politica in materia. Queste politiche e strategie sono per lo più volte a dare un contributo positivo al conseguimento degli SDG. Spesso i contributi negativi non sono ancora presi in considerazione. Visto in questa luce, è comprensibile che vi siano anche molte critiche sui progressi compiuti, e che alcuni considerino l’investimento basato sugli SDG come un mero espediente di marketing.
Io la penso in modo diverso. Rispetto all’investimento sostenibile tradizionale, che segue spesso un approccio best-in-class investendo in ugual modo in tutti i settori, il fatto di tener conto non solo degli aspetti operativi e comportamentali delle imprese, ma anche del contributo dei loro prodotti all’investimento sostenibile, permette di assumere una prospettiva diversa, che si traduce a sua volta in portafogli differenti e distinti.
E anche se abbiamo fatto solo il primo passo e siamo ancora lontani dalla meta, la direzione è chiara: investire per un vero sviluppo sostenibile è la via da seguire.
Human Europe Capital è un sito di lettura. I professionisti e gli appassionati di una disciplina possono pubblicare i loro studi, le loro riflessioni e i loro racconti.
E’ un generatore di idee e di spunti di riflessione. Gli articoli nelle materie indicate possono essere tecnici o generalisti. Per addetti ai lavori o per tutti.
Human Europe Capital siamo tutti noi uniti. Anche con pensieri e idee diverse.
Per info: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.